La Morte è protagonista indiscussa della prima serie di venti stampe; ogni fiore reciso è vittima di un omicidio che ne ha spezzato la vita anzitempo, colto nell’attimo in cui è inerte prima di tornare alla vita sotto altro aspetto. Eppure, nell’istante in cui viene fotografato, ogni soggetto si colloca su di un altare – certo umile ma non metaforico – che lo eleva come in un santuario, celebrandone la vita in potenza e la forza che cela dentro di sé. La Vita si palesa infine nella forma di un corpo di donna all’interno della coppia di imponenti stampe che fronteggiano la prima serie. Al cadavere del merlo morto ritratto in bianco e nero si oppone il messaggio della cultura celtica, che interpretava l’animale come simbolo di trasformazione e rinascita. La Vita ha abbandonato l’uccello e lo lascia sospeso, come fosse crocifisso; allo stesso tempo lo sorregge e lo richiama alla sua posa naturale nell’atto del volo, quintessenza della vitalità. Nessuna interpretazione prevale oggettivamente, mentre l’assenza della vita si trasforma nell’attesa del suo ritorno solamente se si ha il coraggio di accettare e sopportare la Morte. E allora lasciaci ora, ma ritorna stanotte: gli scatti saranno ancora qui, ma ciò che rappresentavano sarà già tornato a far parte del ciclo vorticoso della vita, sotto una miriade di altre forme.